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JET SET the People, the Planes, the Glamour in Aviation’s Glory Years
di William Stadiem, traduzione di Sara Piccinini
conrad hilton 3

Parte V

Conrad Hilton:americano come l’acqua con ghiaccio

Se Claude Terrail raffigurava l’emblema della raffinatezza parigina, Conrad Hilton era l’immagine di
un contadinotto di Beverly Hills. Tuttavia, questo non rappresentava un aspetto negativo
nell’America di Eisenhower dove, così dal nulla, il successo costituiva un segno distintivo
dell’ingegnosità di uno Yankee. Il traguardo notevole di Hilton nel diventare il re del mondo
alberghiero era l’apoteosi del Sogno Americano. Prima che John e Jackie Kennedy entrassero alla
Casa Bianca, l’eleganza di Terrail veniva vista con grande scetticismo da molti americani, secondo i
quali tutto ciò che era estraneo o diverso, era presumibilmente anche sovversivo, se non
addirittura “comunista”.
Inoltre, Conrad Hilton non era uno zoticone come voleva far credere. Questo faceva parte del suo
essere rivoluzionario. In realtà era tanto istruito quanto motivato. Durante la Prima Guerra
Mondiale era stato un ufficiale dell’esercito in Europa; aveva girato il mondo, cenato e ballato da
Maxim’s; era amico intimo dei presidenti Truman ed Eisenhower. I capi di Stato di tutto il mondo
volevano i suoi hotel, così come i maghi di Wall Street, della City, della Borsa, che finanziavano la
sua inarrestabile macchina da guerra nel settore alberghiero.
È stato dipinto come un ricco bifolco di provincia per aver sposato Zsa Zsa Gabor. Ma Gabor non
era di certo una di facili costumi. Era una specie di divinità della sua generazione. Prima che il
trascorrere del tempo fosse evidente sul suo bellissimo viso, quasi ogni uomo sarebbe caduto ai
suoi piedi. In un periodo in cui gli uomini erano giudicati in base alla loro compagnia femminile, gli
Hilton potevano avere a accanto a loro chiunque nel mondo del Jet Set. Forse, ciò che faceva
sembrare Conrad Hilton uno zoticone, un campagnolo, un ingenuo all’estero e in patria, era la sua
profonda fede cattolica. Andare in chiesa, come faceva devotamente, non ti rendeva proprio la
persona più interessante nei dintorni.
Hilton nacque nel 1887 in quella che allora era la zona montuosa e arida del territorio del Nuovo
Messico, il primo di otto figli di un’impavida famiglia di immigrati. Suo padre, Augustus Halvorson
Hilton, aveva viaggiato dalla Norvegia e si era stabilito in un paesino chiamato San Antonio, a metà
strada tra Albuquerque ed El Paso nella valle del Rio Grande. Conrad Hilton aveva ereditato l’istinto
infallibile per scovare le migliori località da suo padre, un uomo austero alto un metro e
ottanta con baffi a manubrio, diventato famoso nella sua piccola cittadina. Quel luogo si arricchì
notevolmente grazie alle miniere di carbone e allevamenti di bovini e ovini nelle vicinanze. In
quanto proprietario di un emporio di San Antonio, era diventato Mr. Big., noto ai cittadini locali
ispanici come El Coronel, o Colonnello.
Nel 1925, lo stesso anno in cui aprì l’hotel Dallas Hilton, Conrad Hilton mise fine alla sua vita da
scapolo e sposò Mary Barron. Mary, da Owensboro nel Kentucky, si trovava a Dallas per fare visita ai cugini.
Non appena l’Hilton diventò redditizio, Conrad corse dritto nel Kentucky e fece la fatidica proposta. La
loro luna di miele si divise tra la città e la campagna, tra il Lago Louise in Canada e Chicago. Potevi
togliere Conrad dall’Hilton, ma non potevi togliere l’Hilton da Conrad. Quando vide il cantiere di
costruzione a Chicago e capì che lo Stevens era destinato a diventare l’hotel più grande del
mondo, mise fine alla luna di miele e iniziò a fare i suoi calcoli. Proprio come qualsiasi altro hotel
che vedeva e a cui ambiva, decise che lo Stevens sarebbe stato suo un giorno.
Scampato alla depressione per il rotto della cuffia (il suo matrimonio non fu altrettanto fortunato;
dopo tre figli, Nick, Barron ed Eric, gli Hilton divorziarono nel 1934), Conrad fece la sua prima
vacanza dai tempi della luna di miele. Era il 1938 e decise di far visita a suo cugino Joe Hilton, un
medico di Los Angeles che aveva una casa sulla spiaggia a Playa del Rey, a sud di Santa Monica. La
prima cosa che fece il Dott. Joe quando vide Conrad, fu metterlo in un ospedale e ricoverarlo per
una settimana per esaurimento. Quando uscì, Conrad rimane sopraffatto dalla bellezza, dal clima e
dalle proprietà terapeutiche della California del Sud.
Ma la sua ossessione per il lavoro aumentò ancora di più con il Town House Hotel, in fondo a
Wilshire Boulevard, lungo la strada da Bullocks Wilshire, l’ineguagliabile tempio del commercio art
déco, il centro commerciale delle star. Oltre al Beverly Hills Hotel, il Town House era il luogo in cui
stare a L.A. e l’unico in cui alloggiare se l’obiettivo era rimanere vicini agli studi cinematografici di
Hollywood, e di solito era così.
L’adrenalina per l’inaugurazione del Town House, spinse Conrad Hilton dritto nelle braccia di un
trofeo ancora più grande, Sari “Zsa Zsa” Gabor. Tutta Hollywood adorava Gabor e in quanto nuova arrivata,
era invitata ovunque, così come Hilton. La incontrò a una festa e la portò subito a El Paso, al suo El Paso Hilton
e a casa di sua madre. Nonostante le sue origini ebraiche e un matrimonio fallito, Zsa Zsa ricevette
l’approvazione di Mama Hilton. Dopotutto, anche Conrad aveva già un primo divorzio alle spalle.
L’amore e l’ottimismo che contraddistinguevano Hilton, avrebbero vinto su tutto. Si sposarono nel 1942.
Per una volta nella vita di Conrad Hilton, l’eterna fiducia in sé stesso lo tradì. Il suo errore fatale fu
tentare di gestire sua moglie nello stesso modo in cui gestiva i suoi hotel. Gabor poteva anche
essere una Hilton per legge adesso, ma niente di più. Zsa Zsa era dispendiosa, Conrad
parsimonioso e Beverly Hills rappresentava un pericolo per qualcuno senza limiti economici. Per
Zsa Zsa non esistevano budget ma quello che preoccupava maggiormente Conrad, molto più delle
stravaganze di sua moglie, era il senso di colpa costante perché entrambi, agli occhi della chiesa,
vivevano nel peccato essendo stata negata loro la comunione a causa del divorzio. Zsa Zsa
partecipava diligentemente alla messa con Conrad ogni domenica, nella chiesa cattolica Beverly
Hills’s Good Shepherd, ma nel momento in cui le altre celebrità, tra cui Frank Sinatra, si alzavano e
andavano verso l’altare per ricevere la Santa Comunione, gli Hilton rimanevano in ginocchio sulla
loro panca. Privare un Hilton dei sacramenti era paragonabile al privare un ospite degli Hilton di
acqua con ghiaccio. Dopo aver avuto la figlia Francesca, Conrad e Zsa Zsa misero definitivamente
fine alla loro unione in un tribunale, nel 1946.
Nel 1949, Hilton prese parte al tour dei gran hotel in Europa, la sua prima visita dopo la Grande
Guerra. Rimane sconvolto dalle rovine di così tanta magnificenza.
L’Inghilterra era il paese più devastato. I grandi edifici come il Claridge’s e il Savoy non erano
vittime delle bombe tedesche, ma della negligenza degli inglesi. Per anni non si è visto alcun nuovo
set di lenzuola, le finestre erano ricoperte dalle macerie della guerra, l’impianto idraulico era tutto
da rifare e funzionava a malapena. Il controllo dei prezzi soffocava il profitto. L’unica cosa positiva
secondo Hilton, era il servizio sempre disponibile e cortese.
La Francia non sembrava così male: il mercato nero locale forniva cibo e biancherie da letto
migliori rispetto all’Inghilterra. Ma Parigi non aveva visto costruire un solo hotel in più di
trent’anni. Per Hilton, la tradizione era solo un modo per dare una spinta positiva a tutto ciò che
era andato perso. In Germania non era rimasto niente e in Italia non molto di più. Tutto ciò che
vedeva Hilton era un’opportunità imperdibile per un innovatore americano.
Non era chiaro quale prima pagina ebbe più successo mediatico, l’acquisizione di Conrad dell’hotel
più fatiscente del mondo nel 1949, il Waldorf, o l’unione coniugale del figlio Nicky con la donna più
bella del mondo nel 1950, Elizabeth Taylor. Il regalo di nozze di Conrad per Elizabeth fu donare
una parte delle sue azioni finanziarie. Di sicuro non era il regalo più romantico ma per Conrad
Hilton, equivaleva alla sua massima espressione di amore.
Quello che alla fine ottennero gli europei non fu denaro, bensì Conrad Hilton stesso, il quale prese
il loro denaro in cambio della sua genialità americana. A Madrid, Istanbul, Atene, Parigi, Londra e
ovunque ci fosse una proprietà Hilton, gli investitori locali mettevano a disposizione tutti i soldi per
costruire gli hotel. Per una grossa fetta di profitto, di solito un terzo, Hilton avrebbe prestato il suo
nome e la sua gestione.
Hilton stava trasformando il Vecchio Mondo in un simulacro dell’America di metà secolo: la
cittadina di Scarsdale poteva trovarsi sul Bosforo, sulla Senna o sul Tamigi. Ciò significava che con
Hilton, come con McDonald’s decenni più tardi, l’Europa non era più l’Europa. Durante la Guerra
Fredda, l’Istanbul Hilton (e qualsiasi Hilton a venire) era una dichiarazione tanto politica quanto
architettonica.
A Conrad Hilton piaceva affermare che ciascuno dei suoi hotel stranieri fosse una “piccola
America”. Una “piccola Beverly Hills” sarebbe stato più corretto. Proprio come Claude Terrail fornì
ai buongustai una versione leggermente disneyficata di alta cucina, a sua volta Conrad Hilton
offriva la sua personale versione disneyficata di alta ospitalità. Se un americano voleva vivere
l’Europa al massimo del lusso e della moda e con il minimo sforzo, la scelta migliore era mangiare
alla Tour e dormire all’Hilton. I due apparenti rivali erano in realtà i lati opposti della stessa
medaglia.
Nel 1965, aprì il Paris Hilton. Finalmente si respirava l’entusiasmo di vivere l’esperienza dell’Hilton
a Berlino nel 1958, ad Amsterdam nel 1962, ad Atene, Roma e Londra nell’anno eccezionale del
HH (Hilton Hotels) nel 1963, anno nel quale ormai la situazione nel Vietnam inimicò così tanto il
mondo nei confronti dell’America che la tipica acqua con ghiaccio degli americani aveva raggiunto
un diverso tipo di freddo e “Hilton”, era diventata una parola sporca che connotava l’imperialismo
di ricchi politici e guerrafondai. Allo stesso modo, l’espressione “Jet Set” stava iniziando a perdere
quella crescente aria di mistero, acquistando invece un significato negativo del tutto inaspettato.

Pubblicato il
1 Maggio 2022
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