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JET SET the People, the Planes, the Glamour in Aviation’s Glory Years – Parte II
di William Stadiem, traduzione di Sara Piccinini
Stadiem 4

Jet Set … e jet set

In due anni dal volo inaugurale della Pan Am, il 707 era diventato il sogno (proibito) di tutte le compagnie aeree, e la Pan Am espanse rapidamente la sua tratta iniziale diretta New York – Parigi – New York, ad altre capitali del gran tour: Londra e Roma.
Nel 1958, circa 500.000 turisti americani visitarono l’Europa. Un decennio dopo, il numero salì a 2.000.000, un aumento del 400 percento. Il tasso di crescita era così evidente che rese il 707 piccolo e ormai antiquato in tempi record e portò allo sviluppo del gigantesco 747.
Il Jet Set ampliò la sua platea: non solo coloro che popolavano le pendici di Gstaad, le spiagge di Saint-Tropez, i tavoli di Maxim’s, le piste da ballo del Regine e, naturalmente, le rubriche di pettegolezzi del mondo (questi viaggiavano ovunque ben prima che il 707 prendesse forma) e in fin dei conti “loro” non avevano bisogno dei jet. Bensì, i jet avevano bisogno di loro, di persone che alimentassero i sogni e la fantasia dei più. Chiamiamoli Jet Set con le maiuscole. Il jet set con le “minuscole” si riferiva invece a tutte quelle persone comuni sedute nella parte posteriore dell’aereo. Non saranno diventate famose, ma vivevano comunque la loro vita e alimentavano il grande, enorme business dell’aviazione. Questo jet set “comune” permise agli aerei di volare.

Come Fly with Me

Il principe dei testimonial del Jet Set, Frank Sinatra, custodiva un grande segreto: aveva paura di volare. Il suo album del 1958, Come Fly with Me era diventato la colonna sonora della nuova epoca dei jet. Eppure, Sinatra non avrebbe mai messo piede sulla Pan Am o TWA o perfino sull’Air France, per quanto fossero buoni e gustosi i pasti forniti dal ristorante La Tour d’Argent. “Mai fidarsi” era la parola chiave per Sinatra, il più diffidente di tutte le superstar. Semplicemente non credeva che le compagnie aeree fossero abbastanza prudenti. Ecco perché possedeva un aereo tutto suo, un grande Martin 404 a doppia elica chiamato El Dago, il termine dispregiativo più usato negli States per indicare i latini (la questione del politicamente corretto non era ancora nata!). Prima dell’avvento dei jet, il Martin 404 era un modello all’avanguardia, dotato di aria condizionata, pressurizzato e personalizzato per i suoi compagni di bevute e personaggi dello spettacolo chiamati i Rat Pack (la banda dei topi), con un pianoforte e un bar centrale lungo quasi quanto quello del Chasen’s. Hollywood si sentiva a casa lassù in aria, anche se per Sinatra, il bar di El Dago era più una necessità che uno status symbol.
Naturalmente aveva per pilota un eroe di guerra, e un assistente personale di nome George Jacobs, ex uomo della marina, che passava più tempo a controllare in maniera ossessiva le condizioni metereologiche e le comunicazioni con tutti gli aeroporti sui loro possibili itinerari, onde evitare brutte sorprese, piuttosto che a organizzare appuntamenti per il suo capo. Una volta, Sinatra diede di matto solo perché Jacobs osò pianificare dopo la cena una proiezione de Prigionieri del cielo, il film sullo scampato disastro di un DC-4 in volo dalle Hawaii alla California. In seguito, confidò a Jacobs che aveva questo incubo ricorrente ispirato alla pellicola La storia di Glenn Miller, in cui il famoso direttore d’orchestra scompare durante il volo dall’Inghilterra a Parigi, all’altezza del canale della Manica. Un tale stato d’angoscia non si addiceva a una leggenda americana, soprattutto per lo stile così spavaldo, disinvolto ed esuberante che Sinatra tanto enfatizzava. Perciò, nel 1962, quando ancora i transatlantici trasportavano molti più passeggeri rispetto ai nuovi jet, Sinatra fece più di qualunque altro fino a quel momento, per promuovere il desiderio del volo nell’immaginazione ancora sedentaria dell’America. Noleggiò il suo personale 707 per un giro intorno al mondo di tre mesi a favore di associazioni benefiche di bambini nei paesi che poi avrebbe visitato. Da Los Angeles a Tokyo, a Hong Kong, per poi dirigersi verso Israele, Grecia, Italia, Francia, Inghilterra, volando da un paese all’altro, in una versione futuristica del Gran Tour.
Sinatra volò sul suo El Dago per tutta l’Europa, e con l’intento di addolcire la sua immagine, rinominò il proprio aereo Christina, in omaggio alla figlia più piccola. Posò in alcune foto con bambini non vedenti in Grecia, ragazzini disabili in Italia e orfani in Inghilterra. Cantò ovunque, dal Mikado Theater a Tokyo, al Partenone ad Atene, ai Bagni di Caracalla a Roma fino al Royal Festival Hall di Londra. Fu acclamato da chiunque, dall’imperatore del Giappone alla Principessa Grace, dalla Principessa Margaret fino al Generale de Gaulle.

Pubblicato il
26 Marzo 2022
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