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JET SET the People, the Planes, the Glamour in Aviation’s Glory Years
di William Stadiem, traduzione di Sara Piccinini
Stadiem 1

PARTE I

Introduzione

L’aereo di linea era, ed è ancora, una delle grandi meraviglie del mondo, un mondo in cui quest’ultime sono diventate accessibili a tutti grazie al jet. Insieme al computer, il jet puo’ considerarsi infatti come la più importante innovazione tecnologica della seconda metà del ventesimo secolo. Il computer ha trasformato le vostre semplicissime scrivanie in un incrocio tra Harvard e Hollywood; il jet ha reso voi, degli avventurieri. Vi ha liberato dalle catene di quella scrivania e vi ha permesso di girare il mondo, di diventare come Lindbergh, Earhart, James Bond e, con soldi e tempo a sufficienza, di essere un jet-setter: un vacanziero.
Il 26 ottobre 1958, la Pan American Airways, Pan Am, passò alla storia quando inaugurò il Boeing 707 sul primo volo commerciale dall’aeroporto Idlewild di New York a Le Bourget di Parigi. L’aereo era stato appena battezzato una settimana prima a Washington D.C., dalla first-lady Mamie Eisenhower ed era diverso dai suoi precedenti aerei, così come Jackie Kennedy lo era da Mamie o Jack da Ike. Prima del 707, il re dei cieli e l’unica via verso l’Europa, era l’aereo privato del presidente Eisenhower Air Force One , Lockheed Constellation. Ike ne aveva due, Columbine II e Columbine III, soprannominati “Connie”.
Il Connie, sviluppato dall’eccentrico miliardario e aviatore/magnate Howard Hughes per la sua linea aerea TWA, con la stessa passione per il design che riversò nella brasserie di Jane Russell nel film Il mio corpo ti scalderà (prodotto da lui), poteva essere subito riconoscibile per la fusoliera arrotondata a forma di delfino, le quattro enormi eliche e una coda a tridente che ricordava l’arma di un gladiatore di Spartacus. Ad una velocità massima di circa 605 chilometri orari, sembrava incredibilmente grande e veloce, in grado di trasportare sessantasei passeggeri da New York fino in Europa in sole quattordici ore. Prima del Connie, la tratta durava anche più di ventuno ore, con scalo a Gander, Reykjavík e Shannon prima di raggiungere il Vecchio Mondo.
Con l’entrata in scena del 707, il Connie divenne rapidamente obsoleto. Grazie ai suoi quattro motori aerodinamici Pratt & Whitney, il 707 ridusse il tempo per arrivare oltreoceano a una semplice notte di sonno di sette ore. Non solo il jet dimezzò la durata del volo, viaggiando a più di 960 chilometri orari, ma raddoppiò anche la portata a 120 passeggeri.
Nessuna vibrazione dell’elica da far tremare le ossa, nessuna turbolenza da far attorcigliare le budella. Adesso i passeggeri in prima classe della Pan Am potevano gustarsi un piatto gourmet di fois gras e aragosta alla Thermidor, accompagnati da un vino Mouton Rothschild direttamente dal ristorante Maxim’s di Parigi. La Pan Am era passata all’alta gastronomia, in alta quota.
Le luci soffuse, la ventilazione, i controlli individuali, le sedute moderne alla Eames, il silenzio della
prima classe si contrapponevano con i motivi stravaganti delle mongolfiere decorate sui pannelli che la dividevano dall’economy. La Pan Am aveva deciso che “turistica” era una brutta parola e che la prima classe significava che ce n’era anche una seconda. Nessuno voleva essere secondo, tanto meno sulla Pan Am, secondo la quale essere sempre primi era una specie di mania e ambizione. Ogni passeggero doveva essere trattato come un esploratore. Tutti erano Phileas Fogg e il 707, la loro meravigliosa mongolfiera.
Il volo sul 707 era un evento speciale. I piloti sembravano appena usciti dal casting di qualche film o dalla televisione. Le hostess erano sensualmente mozzafiato, delle vere e proprie divinità dell’aviazione in perfetto stile Caffè, tè o me? I passeggeri erano stimolati a calarsi nella parte: giacca e cravatta per gli uomini e abiti, perle e scarpe con il tacco per le donne. Era una festa a cielo aperto e non potevi che sentirti onorato di essere sulla lista degli invitati.
Oltretutto, il prezzo non era niente male: 909 $ andata e ritorno in prima classe, 489 $ in economy, le stesse tariffe del Connie, ormai una lumacona in confronto. Quei prezzi, che si abbassavano man a mano che aumentavano i jet in volo, erano senza dubbio fattibili per la classe media americana che nel 1958, poteva permettersi una scintillante Chevrolet Impala per 2.700 $ e una casa per un prezzo medio nazionale di 12.750 $.

(per gli appassionati di viaggi e aeroplani – come noi – ogni settimana pubblicheremo uno stralcio del libro di William Stadiem, tradotto da Sara Piccinini. Storia, aneddoti, curiosità sugli albori dell’aviazione civile)

Pubblicato il
20 Marzo 2022
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